Attacco frontale

Nella circolare n° 191 del 25 febbraio 1915 (“Attacco frontale ed ammaestramento tattico”) , il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, Generale Luigi Cadorna, dettava i criteri generali sulla base dei quali dovevano essere condotte le azioni offensive.


Secondo tale circolare, lo svolgimento dell’azione offensiva  doveva svolgersi secondo tre fasi successive:


1) lo schieramento

Le truppe dovevano essere disposte lungo la linea di fuoco con una densità non superiore ad 1,25 metri per soldato.


2) la marcia di avvicinamento

In questa fase le truppe si dovevano avvicinare più celermente possibile fino a circa 900-1000 metri dalla fanteria avversaria, prima di iniziare il fuoco.


3) l’attacco

Comprendeva l’avanzata a sbalzi della fanteria, sostenuta dalle altre armi (essenzialmente l’artiglieria) e l’assalto, qualora non bastasse il fuoco per risolvere l’azione. Quando nell’attacco si fossero verificate gravi perdite, la fanteria doveva sottrarsi all’offesa procedendo innanzi. Il fermarsi e gettarsi a terra sarebbe stato giudicato errore gravissimo.


Iniziato l’attacco esso doveva essere condotto con la massima risolutezza e colla volontà ben determinata di conquistare la posizione nemica a qualunque costo, altrimenti non sarebbe stato possibile ottenere la demoralizzazione dell’avversario ed il conseguente annientamento materiale.

Tale dottrina militare trovò rigida applicazione su tutti i fronti, compreso il fronte dolomitico che mal si prestava ad azioni di sfondamento di massa.

L’attaccante, infatti, anche se numericamente superiore doveva muoversi prevalentemente in salita su un terreno articolato ma povero di ripari, contro postazioni munite di armi automatiche e protette dai reticolati.

Fino alla diffusione delle bombarde, i reticolati  dovevano essere tagliati con pinze tagliafili, sotto il fuoco costante delle mitragliatrici che erano in grado di tenere sotto controllo un’ampio settore difensivo. Per tale motivo, sulle montagne  si svolsero più frequentemente infiltrazioni e scontri fra piccole unità volti ad attaccare i punti deboli delle linee nemiche e ad aggirare i settori maggiormente difesi.