Nel centro del mirino…

Quando portano la pagnotta 

il cecchino comincia a sparar

ta-pum ta-pum ta-pum... 

ta-pum ta-pum ta-pum...


Il termine “cecchino” nacque nelle trincee italiane della prima guerra mondiale per indicare i tiratori scelti austro-ungarici (scharfschutze).

Tale denominazione sembra derivare dal soprannome “Cecco Beppe”, con cui veniva chiamato l'Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, e si diffuse per indicare quei tiratori scelti che, appostati nei pressi di passaggi obbligati, erano in grado di impedire ogni movimento delle truppe nemiche.

Gli Standschützen fassani, che erano stati reclutati fra gli iscritti alle società di tiro a segno, all’inizio del conflitto erano stati guardati con “sufficienza” dai loro commilitoni appartenenti all’esercito regolare. Armati spesso con vecchi fucili con i quali erano soliti a cacciare camosci, si dimostrarono, invece, infallibili tiratori, grazie anche all’ottima conoscenza del territorio. 

Il cecchino si serviva, oltre che di un mirino telescopico, di supporti fissi per il fucile allo scopo di evitare vibrazioni durante la mira, e, talvolta, utilizzava pallottole esplosive (caratterizzate da un taglio a croce sull’ogiva del proiettile) per massimizzare l’effetto lesivo.