La città di ghiaccio

Maggio 1916.

Le pattuglie austriache che si arrampicavano di giorno e di notte lungo il ghiacciaio della Marmolada, dirette verso la cosiddetta postazione “S”, venivano bersagliate dall costante tiro delle truppe italiane arroccate sulla Cresta di Serauta.

Quella notte il tenente Leo Handl, della Compagnia Guide Alpine, inchiodato dal fuoco delle mitragliatrici, pensò di ripararsi insieme a 6 soldati, in un crepaccio.

Calatosi dentro, si rese conto che il crepaccio si spingeva fin sotto le linee avversarie al riparo dal fuoco nemico.

Il Tenente Handl, ingegnere nella vita civile, pensò che i crepacci si sarebbero potuti sfruttare per collegare le diverse postazioni, tramite tunnel scavati a grande profondità nel ghiaccio.

Ben presto il ghiacciaio venne attaccato con trivelle, piccozze e con diversi tipi di esplosivo; si lavorava al buio, o alla luce di torce e lampade ad acetilene che presto rendevano l’atmosfera irrespirabile. I soldati costantemente bagnati, nonostante le mantelline impermeabili e gli scarponi dalla suola di legno, scavavano a coppie, in turni di due ore, progredendo di circa 6 metri al giorno.

Il complesso delle gallerie crebbe piano piano fino a raggiungere un’estensione di circa 12 Km. Nel ghiacciaio furono ricavati depositi, cucine, dormitori, persino una Cappella: cartelli indicatori dai nomi altisonanti indicavano il percorso: “via Carinzia”, il “Duomo”, crepaccio “Kaiser Franz Joseph”, etc.

Le temperature all’interno delle caverne erano comprese tra 0 e 5° C, assai più accettabili delle rigidissime temperature esterne invernali (fino a -30°C). La grande e costante umidità, l’aria irrespirabile e la necessità di dovere continuamente modificare l’assetto delle baracche e dei camminamenti a causa del costante movimento del ghiacciaio, rendevano, però, molto difficile la vita all’interno della “Città di ghiaccio”.

Nell’autunno 1916 gli austriaci poterono abbandonare del tutto i camminamenti esterni, protetti dallo spessore del ghiacciaio: solo una volta un fortunoso colpo di artiglieria italiana, penetrato in un crepaccio, fece esplodere una passerella uccidendo due soldati. 

Nel novembre 1917, lo sfondamento di Caporetto ed il conseguente arretramento della linea del fronte fece sì che le postazione della “Città di ghiaccio” venissero a poco a poco abbandonate.

Il costante movimento del ghiacciaio ha cancellato ogni traccia delle gallerie, anche se la costante riduzione dello spessore del manto ghiacciato, ha ultimamente riportato alla luce i resti di alcune baracche, oltre ai numerosi reperti conservati nei Musei.