…1917

Il 4 marzo 1917 dopo un forte bombardamento d’artiglieria, gli italiani attaccarono nuovamente le postazioni della cima Costabella ancora sommerse dalla neve, occupando la postazione avanzata austriaca presso la roccia denominata “Mano” o “Cinque Dita”; attraverso una galleria nella neve venne occupato un avamposto che fruttò la cattura di due mitragliatrici ed un cannone, oltre che di 54 prigionieri. 

I contrattacchi austriaci dei giorni successivi furono sempre respinti. Il 16 marzo, dopo un ora di bombardamento, sotto la spinta di successivi assalti, gli austriaci riconquistarono la postazione sommitale di Cima Costabella.

Nel mese di agosto furono osservati lavori di perforazione da parte delle truppe italiane. Temendo la costruzione di una galleria d’attacco, i comandi austriaci richiesero a loro volta una perforatrice per iniziare i lavori di contromina. Il 6 ottobre, dopo ripetuti attacchi, gli austriaci riuscirono ad occupare la postazione avanzata italiana che risultò costituita da una caverna superiore ed una inferiore. 

Non trovarono, però, i macchinari di perforazione che erano stati asportati due settimane prima a seguito della decisione di interrompere i lavori di scavo del pozzo di mina per la friabilità della roccia e a seguito della decisione di concentrare lo sforzo offensivo nel settore della Marmolada.

Nel frattempo, nel settore della Marmolada, era stata scavata una galleria di 250 metri diretta contro le postazioni austriache di “Forcella a Vu”. Nei lavori di scavo fu perforata per errore la parete di un ricovero austriaco; si pensò, pertanto, di utilizzare questo varco per l’attacco previsto per il 20 settembre. 

Nonostante la strenua difesa austriaca, l’assalto fruttò l’occupazione della postazione e di altre due gallerie. Gli austriaci risposero facendo saltare la galleria di contromina che nel frattempo era stata allestita; nello scoppio perirono quindici soldati del 51° fanteria ed il loro comandante, tenente Flavio Rosso. Il tiro delle artiglierie italiane costrinse, poi, al ritiro il presidio austriaco, permettendo l’occupazione italiana della “Forcella a Vu”.

L’obiettivo principale delle truppe italiane si spostava, ora, sulle postazioni a quota 3153, che erano state trasformate dagli austriaci in un vero e proprio fortilizio. 

I vari tentativi di attacco frontale si erano dimostrati impraticabili, mentre l’accesso dalla parete sud rappresentava un’impresa alpinistica non indifferente, trattandosi di una parete a strapiombo di ~ 500 m, con difficoltà alpinistiche di V-VI grado. Venne ipotizzato uno spericolato assalto mediante l’utilizzo di un pallone frenato, che fu bloccato dallo sfondamento di Caporetto.

Il 28 ottobre 1917 otto alpini della 206ª compagnia, comandati dal sergente Giacomo d’Osbel, sfruttando una delle aperture della cosiddetta “Galleria Rosso”, scesero sotto la “Forcella a VU” e scalarono la cengia che saliva fino al torrione di cima 3153. 

Il piccolo presidio austriaco, sorpreso dall’attacco, si arrese dopo breve lotta. 

Agli alpini fu promessa una licenza premio, ma il 4 novembre 1917, con lo sfondamento del fronte a Caporetto, alle truppe pervenne l’ordine di ripiegamento per assestarsi sul Piave.

A differenza di altri settori, il ritiro dal fronte dolomitico si svolse in maniera ordinata: tutti i depositi ed i baraccamenti furono incendiati per non lasciare nulla in mano austriaca.