Le scarpe al sole…

“Nel gergo degli alpini mettere le scarpe al sole significa morire in combattimento. Veramente non di soli caduti è il discorso, in questa mia cronaca di guerra”

Paolo Monelli - Le scarpe al sole

Si dice che nulla capita per caso, che tutto è scritto da qualche parte, che la vita sia già decisa, si dice ...

Mattina fresca, si sale leggeri, si scherza, si ride senza badare il posto, il luogo, senza pensare a chi prima vi era passato, a chi prima aveva corso, sospirato, sognato, sperato ... è un attimo, lo sguardo si abbassa, il tempo si ferma e in una manciata di secondi gli anni sembrano tornare in dietro.

Abbasso la mano, la sfioro, non capisco, mi chino, sento pungere, il tocco diventa leggero, intuisco ma ancora non ho chiaro nulla, sposto l’erba con estrema delicatezza, pian piano la libero da quella terra che le è stata prigioniera, ma anche amica, che l’ha riparata, conservata, quella terra che l’ha coccolata tenuta stretta a se per non farla rotolare giù e perdersi per sempre.

Con la cura che si presta ad un neonato cerco di togliere quelle radici, quei sassi, quel fango che si erano formati attorno, ancora china lì dove era stata per tutti quegli anni inizio ad ingaggiare un colloquio delicato per non ferirla, per cercare di tranquillizzare quella vecchia scarpa ...

Una vecchia scarpa, dal cuoio malconcio, in parte distrutta, ma tutto sommato dopo 100 anni ancora ben conservata, con il suo tacco, la parte laterale, la parte della frontale, la suola e i suoi chiodini ben conservati, già i suoi chiodini, quelli che io ho sempre chiamato scherzosamente “ciodet” quei pezzetti di ferro che possono sembrare una cosa stupida, ma che in realtà spesso e volentieri erano il sottile filo che legava alla vita quelle giovani vite, erano la salvezza nei pendii erbosi e bagnati, erano la salvezza per la prima neve o la brina che ricopriva prati e rocce, loro quei piccoli chiodini dalla testa ammaccata.

Sembra parlarmi quella vecchia scarpa, anzi ne sono sicura Lei mi stava sorridendo, all’inizio tremante poi nel giro di qualche minuto inizia a sciogliersi a fidarsi di quelle mani che dopo 100 anni la toccavano nuovamente, mani strane, mani di donna e non di ragazzo.

Inizia a raccontarmi che 100 anni fa il Suo Amico aveva paura, paura di lasciare questa Terra, paura di quello che sarebbe avvenuto da li a poche ore perché pensare al domani era già troppo in là nel tempo, era bello il Suo Amico, alto, forte, coraggioso, dagli occhi dolci, un Italiano dice, ma la Sua Nazionalità non importa, stava salendo o scendendo dal Vallon d’Antermoia assieme alla Sua Compagnia forse la famosa Compagnia Padreterno, era concentrato a difendere le Sue Montagne a far brillare la Sua Patria, a compiere il Suo compito di soldato chiamato alle armi troppo giovane.

La Scarpa cambia improvvisamente tono, è un attimo, la Sua voce diventa triste mentre prima sprizzava gioia nel raccontarmi del Suo Amico, mi dice che ha sentito un colpo, che si è sentita insicura, non più salda a terra, che se sentita volare nel cielo improvvisamente buio, grigio, plumbeo, nero ...

Crollare a terra, chiamare il Suo Amico da cui però non riceveva più nessun cenno, cercava in tutti i modi di destare l’attenzione di quei 20 anni ma senza ottenere risposta, passano i minuti, che diventano ore, mesi, anni ... fino ad ora, quando si sente toccare da nuove mani.

Sembra quasi che il tempo si sia fermato, bloccato, la tengo stretta a me per consolare quel pezzo di cuoio, perché il suo cuore ricominci a battere con un ritmo meno intenso, pian piano la sento rilassarsi ed in quel momento mi accorgo che il cielo è di un blu meraviglioso, lo era sempre stato, ma solo in quel momento mi accorgo di Lui, si di Lui del Suo Amico che ridacchia ad osservare la scena, ora finalmente grazie alla Sua Amica Scarpa, Lui semplice soldato viene ricordato.

Si dice che non ricordarli è come farli morire due volte, ora grazie alla Sua fidata compagna di mille avventure, che nemmeno in una notte intera si riuscirebbe a raccontare, la memoria di quell’Eroe batte forte come il rombo di mille cannoni che ora sparano a salve, un nobile concerto a ricordare quei 20 anni spenti in un giorno qualunque, per un inutile motivo, per un’inutile Guerra come inutili sono tutte le Guerre che però l’uomo continua ad usare, continua ad utilizzare incurante di ciò che il passato insegna.

Scarpe al sole, scarpe di un Eroe che ne rappresenta i milioni provenienti dalle varie Nazioni, giovani uomini, caduti tra stupende montagne spettatrici impossibilitate di fermare la mano dell’uomo e che ora piangono ancora quelle giovani vittime e a modo loro cercano di darne tributo spargendo macchie di stelle alpine.

Ora la scarpa è curata e coccolata dalla mano che l’ha raccolta, ripulita dall’erba, ingrassata con crema protettiva, ricomposta e conservata, fatta vedere a più persone possibile, perché sia ammirata e nel tempo la memoria del Suo amico mai dimenticata.


Sonia Carrain